Alcuni hanno avuto la fortuna e magari ce l’hanno ancora, di avere sentito sempre alle proprie spalle nella loro mamma, la sicurezza di un posto in cui tornare.
Altri no.
Altri hanno sentito che per tornare “ovunque-lì-fosse” avrebbero dovuto essere altro, pensare altro, aver fatto altro. Crescendo magari si sono dati delle spiegazioni, e nell’ipotesi migliore hanno attribuito questa “modalità ricevuta”, al fatto che “mia madre è stata cresciuta da una madre che..” e indietro.. indietro.. chissà per quante generazioni.
La motivazione, purtroppo, non basta a guarire.
Nessuna motivazione, basta a giustificare — cioè a rendere giusto.
E meno male.
Nessuna buona intenzione presunta o reale, sana o può sanare la ferita del rifiuto o dell’abbandono, perché di buone intenzioni - si dice - è lastricato l’inferno: magari il tuo personale, oggi.
Oggi è la festa della mamma e forse tu sei mamma oggi.
Trasmetti a tuo figlio che ti chiami se ha bisogno ed anche se è in dubbio se ha bisogno o meno.
Sempre.
Qualunque cosa tu stia passando o vivendo o in qualunque modo lui pensa che tu ti senta: che ti chiami.
Qualunque sia il suo problema che sia risolvibile o solo da condividere.
Trasmetti a tuo figlio che se ti racconta cosa lo fa stare male non lo farai sentire in colpa per averti dato “un peso”; che l’unico peso che non vuoi condividere con lui è l’essere all’oscuro di qualcosa che per lui è importante.
Non bella, non brutta: importante.
A qualunque età.
In qualunque posto.
Probabilmente hai ragione: chi ti ha ferita
a sua volta era stato ferito.
Ora che tu sei stata ferita,
puoi spezzare la catena o..
[posso essere il tuo coach]
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